C'è chi sfugge l'alterità per le problematicità che pone e chi accetta la sfida. Questo spazio virtuale è dedicato a chi cerca di vincere le proprie paure e le proprie difese e si confronta con l'altro nella convinzione che questa è la strada per diventare sempre più umano.
venerdì 25 febbraio 2011
IL TAO DELLA DECRESCITA
Giovedì 24 febbraio a Bologna, nell’ Aula Magna Ciamician di via Selmi, si è tenuto un incontro con S.Latouche che ha presentato il suo nuovo saggio Come uscire dalla società dei consumi: il tao della decrescita.
L’ analisi della contemporaneità di Latouche, lucida e radicale, è a tratti alleggerita da ironia e da citazioni “dal più grande filosofo esistente: W.Allen” e da Marx, “non Karl Marx ma Groucho Marx!”.
Proviamo a ricostruire i contenuti principali del suo discorso.
Uscire dalla società dei consumi significa rompere il paradigma occidentale, affermatosi tra il XVI e il XVIII secolo, del “sempre di più”, del “produttivismo”.
Le strade che ci si prospettano sono due.
La prima strada, definita della “crescita con crescita”, è quella che porta all’estinzione della specie. Ricordava come nella storia del pianeta ci sono state cinque grandi estinzioni, di cui l’ultima è quella che ha portato alla scomparsa dei dinosauri. Oggi scompaiono ogni giorno centinaia di specie animali. Una specie a noi particolarmente cara a rischio di estinzione è quella delle api (con tutti i problemi che comporta per l’ecosistema, aggiungo io!). La natura nel pensiero occidentale non è soggetto del diritto, per cui possiamo maltrattarla a volontà, stuprarla ( per il pensiero occidentale la natura non è certo la grande madre, la pachamama dei popoli dell’america meridionale).
Nella situazione attuale, ricordava Latouche, anche se smettessimo completamente di bruciare petrolio, la temperatura del pianeta salirebbe comunque di 2 gradi. Al livello attuale dei consumi si prevede invece un innalzamento della temperatura di 5 gradi o più. Questo significa che intere aree del pianeta verranno presto sommerse!
Più volte Latouche ha sottolineato che solo un folle o un economista può concepire una crescita infinita in un pianeta finito!
La via d’uscita è DECOLONIZZARE l’immaginario della crescita. La crescita infinita è un racconto mitico che costruisce l’equazione FELICITÀ=CONSUMO DI BENI= CRESCITA DEL PIL. Una crescita del PIL del 2% proiettata in 2000 anni (un arco di tempo relativamente breve per la vita di un pianeta) dà cifre inimmaginabili di beni prodotti e, quindi, quantità impressionanti di rifiuti impossibile da smaltire.
Tutta questa macchina economica (teorizzata per primo da Adam Smith nel 1776 con il Saggio sulla ricchezza delle nazioni) si basa sul presupposto che il “sempre di più” che normalmente definiamo avidità diventa invece la condizione della felicità pubblica. Ma invece della ricchezza delle nazioni questa economia produce ricchezze smisurate da una parte e la miseria di milioni di persone!
Se Marx (Karl, in questo caso) parlava già ai suoi tempi di “immensa accumulazione di merci”, cosa penserebbe oggi entrando in un nostro centro commerciale?
La società dei consumi ha funzionato “bene” nei trenta anni successivi al dopoguerra grazie a tre potenti fattori: il marketing e la pubblicità (strumento principe della colonizzazione dell’immaginario); il credito ( e quindi i prestiti come stimolo per i consumi); l’obsolescenza programmata dei prodotti ( ad esempio un computer “scade” dopo pochi anni).
Ma oggi “the party is over!”. Stiamo passando dal sogno di Smith all’incubo di Darwin!!! Oltre tutto la società che alimenta nuovi bisogni, produce continuamente frustrazione: il desiderio infatti si alimenta nell’assenza dell’oggetto desiderato.
La vera abbondanza si produce limitando i bisogni, con la frugalità.
Come dice Castoriadis viviamo in una post democrazia governata dalle lobbies e dai media, alimentata da quella che i greci definivano hibrys, dismisura.
La seconda strada è quella che oggi stiamo percorrendo: la crescita senza crescita! È la strada della disperazione, quella di una società della crescita che non cresce, sempre più popolata da disoccupati. Una società che, per far quadrare i conti, taglia sulla spesa sociale, la sanità, la scuola… Dietro l’angolo di questa società della crescita senza crescita ci sono i regimi autoritari, in cui gli apparati repressivi sono al servizio della difesa dei privilegi! Dal punto di vista dell’impatto ambientale questa seconda strada potrebbe essere meglio della prima perché si produce meno. Ma è come schiantarsi su un muro a 200 all’ora anziché a 300!
L’unica via d’uscita è la DECRESCITA che comporta innanzitutto una rivoluzione culturale (sulla decrescita potete consultare anche il mio articolo LA SAGGEZZA DELLA LUMACA).
Latouche ha concluso il suo discorso facendo vedere una incisione zen su pietra il cui significato è: “ si può accedere alla felicità limitando i desideri”.
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