sabato 3 aprile 2010

LE RAGIONI DELL'ASTENSIONE


L’analisi del voto delle elezioni regionali dice che il vero vincitore è stato l’astensionismo, che ha colpito equamente destra e sinistra. La Lega, allo stesso tempo, ha tenuto, risultando così percentualmente più forte. In Emilia Romagna lo sfondamento della Lega è un dato che balza agli occhi: più 165% rispetto alle precedenti regionali del 2005. Certo, in Emilia Romagna il Carroccio è arrivato più tardi che nel Lombardo-Veneto, ma 180 mila voti in più, come registrano i ricercatori dell'istituto Cattaneo, non sono pochi. Al contrario i maggiori partiti protagonisti del bipolarismo, vale a dire il Pdl e il Pd arretrano rispetto alle regionali di cinque anni fa. Il partito di Berlusconi in Emilia Romagna perde il 16% del suo elettorato, vale a dire 99 mila voti, mentre il Pd ne lascia sul campo il 22% pari a 239 mila voti. Nelle regioni in cui si è presentato, inoltre, il movimento dei grillini ha ottenuto consensi insperati. In Emilia Romagna, la lista Grillo ha intercettato gli scontenti di sinistra, in parte rinunciatari al voto (l'Emilia è terza per incremento dell'astensionismo), al punto da spingere fino al 6% la lista «Movimento cinque stelle» in regione. Sono fenomeni disomogenei che non possono essere accostati o sono parte di un medesimo processo di cambiamento? La mia impressione è che questi fenomeni facciano parte di uno stesso fenomeno che possiamo definire genericamente disaffezione verso la politica rappresentata dai grandi partiti. È, a mio avviso, evidente una diffusa stanchezza verso l’autoreferenzialità della politica, in grado di parlare di vicende interne alla politica ma non dei problemi che riguardano i cittadini.
Leggiamo in proposito l’analisi di Mannheimer sul Corriere della Sera:

Il forte decremento nella partecipazione elettorale costituisce senza dubbio uno degli esiti più rilevanti - se non il più importante, almeno come indicatore di fenomeni sociali sottostanti - di queste elezioni regionali. Il calo complessivo della quota di votanti è uno dei più elevati riscontrabili negli ultimi dieci anni: anche l'ampiezza del fenomeno indica la sua importanza e, al tempo stesso, la sua complessità…Le motivazioni principali sottostanti all'incremento della diserzione dalle urne sono legate soprattutto ad un allontanamento dalla politica. Si tratta, in molti casi, di un accresciuto distacco da questa ultima, sentita sempre più come lontana (e talvolta irrilevante) dalla vita di tutti i giorni. Ma buona parte delle astensioni sono dettate, viceversa, da un atteggiamento di grande interesse alla politica..., cui si accompagna però un' altrettanto sensibile disaffezione verso i suoi protagonisti, leader o partiti… Il tramutarsi di questo generale distacco dalla politica in esplicito comportamento astensionista è stato in parte frenato da almeno due fattori, che emergono chiaramente dall'analisi territoriale del «non voto»…In questo quadro di calo generalizzato, si riscontra una importante e significativa differenziazione. Il calo di votanti è infatti tendenzialmente più alto nelle regioni centrali e settentrionali rispetto alla gran parte delle regioni meridionali (con l' eccezione parziale della Puglia)... La spiegazione sta nel fatto che nel meridione è più diffuso il voto «micropersonale» (diverso da quello «macropersonale» diretto ai grandi leader politici) discendente dalla fitta rete di rapporti e di interessi interpersonali che domina la vita politica in quelle regioni e che porta, ad esempio, ad un uso molto maggiore del voto di preferenza. In questo contesto, insomma, la disaffezione verso la «grande» politica appare in una certa misura compensata dal mantenimento dell' interesse nei confronti della «micro» politica, esercitata dai singoli individui e dai candidati. Vi è un secondo fattore che ha spinto parte del più ampio trend sociale di disaffezione verso l' esercizio del voto valido. Si tratta della presenza di partiti la cui natura e la cui comunicazione riescono ad attrarre il malcontento nei confronti della politica. Il principale beneficiario di questo fenomeno appare, in questo momento, la Lega Nord... Anche il successo relativo della lista «Cinque Stelle» ispirata da Beppe Grillo è, tra gli altri, dovuto all' intercettazione «antipolitico». Se non ci fossero stati questi elementi, forse, la trasformazione della forte insoddisfazione presente nel paese in astensionismo sarebbe stata ancora maggiore.


Un caso clamoroso, poi, è quello di Bocchigliero, dove oltre il 97% degli elettori non ha votato. Un episodio isolato? Si, ma forse anche un segnale anticipatore… L’astensionismo effettivo insieme alle schede bianche o nulle rappresenta il 40% dell’elettorato, il primo partito italiano. La disaffezione verso i grandi partiti, l’affermazione di Lega Nord e del Movimento 5 stelle, quindi, sono fenomeni eterogenei e non accostabili? A mio avviso, la risposta è che questi fenomeni debbano essere compresi all’interno di uno stesso quadro.
Nel voto del sud e in quello per la Lega Nord si può leggere un bisogno di vicinanza e radicamento nel territorio che in sé è una spinta indispensabile per bilanciare i processi legati alla globalizzazione. Dall’altra l’affermazione dei grillini, oltre a canalizzare la rabbia diffusa verso la “grande politica”, risponde al bisogno di parlare di temi urgenti e concreti (ad esempio la ripubblicizzazione dell’acqua, la raccolta differenziata…).
Siamo in presenza di una crisi sempre più profonda del principio di rappresentanza, vissuta come cambiale in bianco verso politici che una volta raggiunto il loro spazio di potere si dimenticano del cittadino, almeno per il tempo della legislatura. Torneranno poi a bussare alla porta di casa dopo cinque anni alla fine del mandato.
Se davvero la politica vuole ritrovare un senso, deve radicarsi nei territori, ascoltare i bisogni e provare a dare risposte.
Per quanto riguarda la sinistra, poi, credo sia necessario che una forza realmente alternativa trovi un’anima e sappia elaborare un pensiero critico rispetto al neoliberismo imperante. Non basta pensare a piccoli aggiustamenti di un sistema che fa acqua da tutte le parti, a risanare i bilanci etc.
Il bisogno di radicamento nel territorio, di vicinanza della politica al cittadino andrebbe agganciato per portarlo verso altri esiti che non siano il ringhioso razzismo della Lega. In questo l’orizzonte di senso e di cambiamento disegnato dai teorici della decrescita (per i quali la rilocalizzazione è fondamentale) va nella giusta direzione. Latouche in “Breve saggio sulla decrescita felice” presenta dati e proposte illuminanti che una sinistra in crisi di idee dovrebbe saper cogliere. Quando si parla di antiberlusconismo come collante della sinistra, purtroppo non si è molto lontani dalla verità. Qual è l’anima della sinistra? Qual è la sua idea di alternativa? Purtroppo si fa molta fatica a dare risposta a queste domande: l’identità è debole e altrettanto lo sono le idee, spesso assenti.

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