martedì 11 maggio 2010

Io, la mia famiglia Rom e Woody Allen


"Io, la mia famiglia Rom e Woody Allen" è un bel documentario, raccontato in prima persona, dalla diciannovenne regista Laura Halilovic.
Laura è l'unica figlia femmina della famiglia Halilovic, una famiglia Rom arrivata in Italia dalla Bosnia negli anni Sessanta. La sua voce narrante, che accompagna tutte le scene del film, talvolta chiarendone il senso, altre volte facendo da contrappunto ironico, ci parla della sua storia e della storia della sua famiglia.
Laura confida subito la sua precocissima passione per il cinema: a nove anni addirittura s’innamora della “voce da cartone animato” di Woody Allen e sogna ben presto di diventare regista. “Caro Woody”: così inizia la lettera indirizzata al suo regista preferito, che è un po’ come il messaggio nella bottiglia affidato alle correnti del mare. Lei stessa commenta scettica la possibilità di una risposta di Allen, quando controlla la sua buchetta delle lettere. Lo incontrerà, però, sul tappeto rosso di Venezia: Woody si avvicina, lei non riesce a parlare, lui prende la penna di Laura, firma un autografo e se ne va…con la penna di Laura! (Ciack! Potrebbe essere una scena alla Woody Allen!”).
Anche se Woody Allen non ha tenuto a battesimo questa brillante regista, orgogliosamente ROM, la fortuna, del tutto meritata, le ha risposto: il suo primo lungometraggio è passato su RAI 3 e ha ricevuto diversi riconoscimenti.
Ritorniamo alla storia…
Laura ripercorre il difficile passaggio della sua famiglia, dalla vita nei campi a quella in una casa popolare di Torino, con i genitori che, abituati alla vita all’aria aperta, faticano ad abituarsi, come oppressi dalle quattro mura di un appartamento.
Sua madre, ha raccontato la regista nel suo intervento dopo la proiezione, per superare il senso di claustrofobia, inizialmente stava fuori di casa tutto il giorno!
Questo evento, quindi, è come se segnasse nella sua vita una cesura: l’infanzia, nel campo, a stretto contatto con la sua comunità e, poi, la vita in appartamento. Una cesura per certi aspetti difficilmente superabile: gli zii e la nonna, infatti, vivono ancora in un campo, costantemente minacciato di sgombero (curioso, perché il terreno su cui sorge il campo è di proprietà dello zio!).
Nel documentario le difficoltà di relazione con i gagè (così vengono chiamati tutte le persone che non sono rom) accompagnano Laura sin dall’infanzia: il suo ingresso nella scuola elementare, infatti, è subito traumatico: “Ci mancava solo una zingara!” è uno dei primi commenti che riceve. A scuola fissava la finestra, assente, e all’uscita correva in lacrime tra le braccia della madre.
Nel suo intervento, dopo la proiezione, Laura ha raccontato una brutta storia, che non fa onore alla nostra tradizione nell’ integrazione scolastica: nella sua scuola elementare, dice, avevano formato una specie di “classe differenziale” per lei e i suoi coetanei rom…
Eppure, la sua voglia d’integrarsi è palpabile, nel suo buon italiano (malgrado abbia frequentato la scuola solo fino alla terza media), nei suoi abiti, nelle sue scelte di vita. Si, queste ultime sono molto importanti: Laura, a più riprese, nel documentario è sollecitata dal padre e dalla madre a sposarsi; nella tradizione rom, infatti, è normale sposarsi a 15-16 anni…a 18 anni (la sua età quando è stato girato il documentario) rischia di essere già troppo vecchia!
Così la vita di Laura sembra come in bilico tra una “italianità” conquistata a duro prezzo (dice comunque di non sentirsi del tutto accettata e fa riferimento al fatto che pur essendo nata in Italia non ha nazionalità italiana) e un rivendicare orgoglioso le proprie radici rom, che lei stessa tradisce.
Davanti al commento di una persona in sala, che chiede come si sente Laura ad allontanarsi dalla sua tradizione, vorrei rispondere al posto suo: “Benedette siano le ibridazioni e le mescolanze!”.
Si, proprio quelle mescolanze che la tradizione rom non vuole, almeno per le femmine: i maschi, infatti, possono sposare le gagè, che vengono accettate nella comunità, ma il contrario non è ammesso e viene punito con l’ostracismo.
Ma Laura, oltre a rifiutare il matrimonio, voleva fare la regista! Un’ impresa dura convincere il padre…
Solo quando il suo film è passato alla RAI e il padre ha visto il nome di Laura scorrere nei titoli di coda, ha capito che era orgoglioso di lei e non l’avrebbe ostacolata…
Il suo desiderio di fare la regista, comunque, non è un vezzo da adolescente.
Stupisce infatti la serietà delle sue motivazioni:
“ La mia passione per la regia é nata quando avevo nove anni... Voglio fare un documentario sui Rom per far conoscere agli altri la nostra vita. I Rom, o come vengono chiamati con un tono dispregiativo, gli Zingari, per la maggior parte vivono nelle case, i loro figli vanno a scuola, a differenza di quello che tutti credono, solo alcuni di loro vivono ancora girando come facevano una volta. Sono stati fatti film e documentari sulle loro usanze, sul loro modo di vivere, ma nulla in cui loro possano veramente riconoscersi. I registi e gli sceneggiatori presentano il mondo dei Rom con idee ancora molto stereotipate.”
Brava Laura, continua a raccontarci di te e del tuo popolo!

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